Milano - Bologna
2010 - 2011
Escursione pomeridiana
A spicchi, a ventagli, a intarsi
a intermittenze inesplose
le passeggiate nei salotti
e poi si sentono ai finestrini
fantasmi infuriare come venti
elementi familiari al dormiveglia
stabilità necessarie
come venti aggrappati alle orecchie
ai capelli intatti tirati giù tirati ritti
inghiottite tutte le estremità.
*
Dormivo con proiettili sul cuscino
e le finestre aperte, per non svanire.
Potresti svanire ma sei in salvo.
E un gatto miagolava, in fondo in fondo.
Ogni notte tornavo, ogni notte nel blu.
Poi ci fu un grande rumore
e anche il segnale svanì.
Esplosioni, e precipitazioni.
Frantumazioni folli, sulla via.
Oh signore, mi sto perdendo il silenzio.
*
Un cane proprio ieri
mi raccontava dei ciottoli
e dei vestiti nuovi.
Mi raccontava dei magneti
e dei pezzi di cielo,
finiti sui rami.
Ce ne stavamo proprio qui,
seduti tra le foglie e una panchina
che, a colpi di coda, se ne svanivano le ore.
Trame e guerriglia
Oggi invece mi sono arruolata tra le fila dei righi.
E le tende delimitano, con i balconi,
gli eccessi dei davanzali.
Si sporgono i davanzali, sfacciati come sono,
nei pomeriggi fermi.
Intessono trame, ordigni a nostra insaputa, i davanzali.
Legione di spigoli e pietra.
Noi vantiamo pause, punti e virgola
e le tende così sopravanzano, leggermente ma decise,
con elegante distacco.
Un tocco di vento, un alito di voce,
una virgoletta,
per rimettere a posto le cose.
*
Si sentono benevolenze
e si sentono benedizioni
suonano e suonano
e i cani abbaiano per le scale
corrono nei cortili
e non vogliono saperne
di rincasare, ancora.
Sussurrano finestre la sera:
si fa tardi.
I ripostigli raccontano storie,
i disimpegni sono crocevia
le mani ascoltano.
*
Questa è la mano
che richiede anima
e stasera incontra,
nel frattempo,
un mucchio di carte lanciate
un mucchio di farina-
nel mazzo scoperto.
È soltanto un piano sgambato,
scordato, mancato.
Lui guarda di sfuggita le carte
poi sospira tra i fumi.
Povera la ragazza, arrecano i sussurri.
*
Le colonne si alternano al buio
come i tasti bianchi di un pianoforte.
Noi invece ci perdiamo ad ascoltare
le note più basse di ogni sfumatura:
abbiamo creato il pomeriggio,
come se fosse un'alternativa
al perdere contatto col suolo.
Sa il ruolo del riso, sa la forma del grano.
E non si capisce il motivo.
Di tutto quel rimangiare,
dopo lunghe stringhe porose
che allacci sciogli e allacci,
come fossero gelati, parole artigianali.
In linea d’aria
Qualcosa al centro dormicchia o sbatte.
Faccio del mio meglio per non preoccuparmi
dei minuti che scorrono.
Sono meno che foglie ammucchiate
e potremmo essere a casa, ora.
Nessun commento:
Posta un commento